LA SOSPENSIONE DEL CANONE DI LOCAZIONE NON ABITATIVA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
- Avv. Giorgio Marchetti
- 6 apr 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 25 apr 2020
L'imposizione governativa della chiusura di quasi la totalità delle attività produttive ha avuto una pesante ricaduta negativa sull'economia mettendo molte aziende in seria difficoltà e sul mondo del lavoro in generale.
Ci si è posti allora la questione, tra le tante altre, se in questo contesto e per la durata dell'emergenza sia legittimo sospendere da parte del conduttore il pagamento dei canoni di locazione.
La prima e migliore soluzione proponibile è la negoziazione di un accordo tra conduttore e locatore, avente ad oggetto la riduzione o la sospensione del canone di locazione per un determinato periodo.
Sotto il profilo giuridico, per certi versi tale accordo rientra nell'alveo dei principio solidaristico di correttezza e buona fede (artt, 1175 e 1375 Cod. Civ.) cui deve essere improntato il rapporto contrattuale.
Infatti, se il rapporto locatizio si è svolto fino ad allora regolarmente, il locatore avrà tutto l'interesse a proseguirlo, considerato che una volta risolto il contratto egli difficilmente potrà in un momento storico così critico ricollocare l'immobile sul mercato, avuto riguardo delle attuali restrizioni governative alle attività, mentre il conduttore ha interesse a proseguire la sua attività in futuro senza dover sostenere ulteriori oneri per l'eventuale spostamento fisico della sede.
Peraltro, la registrazione dell'atto con cui le parti concordano la riduzione o la sospensione momentanea del canone di locazione è esente da imposta di registro e di bollo ai sensi dell'art. 19 comma 1 del D.L.133/2014, essendo infatti sufficiente registrare all'Agenzia delle Entrate l'atto senza dover sostenere alcun costo.

E' stata ipotizzata in questi giorni dalla dottrina (Avv. Franco Gallo) un'altra soluzione che passa attraverso l'istituto della impossibilità sopravvenuta di utilizzare la cosa locata.
In sostanza, il conduttore, per una causa a lui non imputabile, non può più utilizzare il bene locato per le finalità per cui lo aveva preso in locazione, sebbene continui ad essere nella disponibilità dell'immobile.
Pertanto, sarebbe invocabile l'ordine di chiusura dell'attività a causa dell'emergenza sanitaria quale causa legittima di inadempimento del contratto di locazione.
Il riferimento è alle norme di cui agli articoli 1256 Cod. Civ. (Impossibilità definitiva e temporanea) e 1467 Cod. Civ. (Contratto con prestazioni corrispettive) che regolano appunto il fattore tempo sulle obbligazioni, disciplinando le ipotesi della sopravvenuta impossibilità e della eccessiva onerosità della prestazione, in raccordo con le norme di cui all'articolo 1218 Cod. Civ. (Responsabilità contrattuale), 1258 e 1464 Cod. Civ. (Impossibilità parziale ).
"L'impossibilità sopravvenuta" (1256 c.c.) è una causa di legittima estinzione dell'obbligazione ovvero di giustificazione del ritardo nell'adempimento e deve essere determinata da una "causa di forza maggiore" cioè da un evento eccezionale ed imprevedibile indipendente dal controllo del debitore.
Diversamente, "l'eccessiva onerosità sopravvenuta" (art. 1467 Cod. Civ.), presuppone non già l'impossibilità di adempiere, ma una grave alterazione dell'equilibrio tra il valore delle prestazioni corrispettive per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili occorsi successivamente all'assunzione dell'impegno.
In questo caso il rimedio previsto dal codice è quello della risoluzione del contratto, ma il creditore può evitarla offrendo una equa modifica delle condizioni.
Risulta evidente che questa soluzione può aprire la strada ad un contenzioso e pertanto è preferibile tentare di perseguire in primis la strada dell'accordo tra le parti, per successivamente azionare i rimedi dell'impossibilità sopravvenuta e/o dell'eccessiva onerosità solo qualora il locatore rifiuti di aderire ad un accordo bonario.
Da ultimo, va osservato che in ogni caso il locatore deve essere tempestivamente avvisato in forma scritta (raccomandata A.R. o pec) dell'intenzione del conduttore di proporre una riduzione o sospensione del canone, ciò che non è lecito operare in autotutela (cioè unilateralmente); diversamente quest'ultimo si esporrebbe all'ipotesi di inadempimento ed il locatore sarebbe legittimato ad agire per l'intimazione di sfratto per morosità.
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